venerdì 27 aprile 2012

Il Padrino

Ognuno vive il ricovero in ospedale a suo modo. C'è chi ha paura e diventa lagnoso, c'è chi si fa forza e tira avanti, c'è chi non ha neanche le forze per alzarsi dal letto e vegeta tutto il giorno.
E poi, raramente ma si trova, c'è chi ha scambiato l'ospedale per un albergo. E non la pensione Aurora dietro casa. Un albergo di lusso, un bel cinque stelle in riva al mare, dove ogni notte ti costa quanto un rene e il personale, giustamente, accorre ad ogni tuo desiderio. "Lavoro-guadagno-spendo-pretendo", per così dire.
Uno di questi è il Padrino.


Ora, se devo essere sincera, il Padrino è uno di quei pochi pazienti che proprio non mi piace. Non che questo mi autorizzi a trattarlo peggio degli altri, sia chiaro, ma di pelle mi sta davvero antipatico, per diverse ragioni.
Innanzitutto perché, mi rincresce dirlo, è una persona sporca. Passa le sue giornate a scaracchiare dentro montagne di fazzoletti, che finiscono tutti in un sacchetto nero della spazzatura che chissà come è riuscito a procurarsi, e che tiene appeso alla sponda del letto. E già l'idea dell'igiene va un po' a farsi benedire, quando per auscultargli il cuore devi sporgerti sopra un mucchio di fazzoletti impregnati di catarro, cercando di trattenere il respiro per non far penzolare il camice più di tanto.
In secondo luogo, è terribilmente bugiardo. Ora, vi ho già detto che i vecchietti sono spesso come i bambini, quindi ogni tanto capita che qualcheduno racconti una bugia a fin di bene, ma di solito quando vengono scoperti si comportano proprio come i bambini: inalberano un'aria mezza furbetta e mezza vergognosa, magari continuano a negare, ma hanno quell'aria di complicità come per dire "Ok, lo so che mi hai scoperto, ma fammi divertire ancora un po'". Lui no. Ci abbiamo messo qualche giorno prima di scoprire che faceva solo finta di ingoiare la sua terapia, per poi sputare le pastiglie non appena l'infermiera girava l'occhio, ma non è stato facile farglielo ammettere. Ha quel cipiglio dell'uomo abituato a comandare, il patriarca, più che il Padrino, per cui quando dice no è no. E poco importa che abbia poca fantasia, per cui le pastiglie sputate siano chiaramente visibili sul comodino, tu azzardati a contraddirlo e ne pagherai le conseguenze.
E infine, last but not least, per lui l'ospedale non è un luogo di cura. Come dicevo prima, è un albergo costoso ma neanche tanto ben servito.


La scena è più o meno sempre la stessa. Fai il giro visite, entri a visitarlo, lo tasti per un pochino (sempre coi guanti, per carità), lo aggiorni, lo saluti e fai per uscire. Normalmente siamo in tre o quattro a fare il giro, e l'ultimo della fila sa già che cosa gli accadrà.
"Infermiera!"
Sospiro. "Non sono infermiera, sono una dottoressa. Mi dica."
"Mi avvicina il comodino?"
Tu gli avvicini il comodino. "Va bene così?"
"Mi versa l'acqua?"
"Guardi, le apro la bottiglietta così fa da sé, va bene?"
Il cipiglio s'incupisce. Man mano che si arrabbia, il Padrino abbassa il tono di voce fino a renderla un sussurro: il che non è positivo, perché già ha un pesante accento delle sue parti, che non aiuta la comprensione. Il che poi lo fa ulteriormente incazzare, e così via.
"Mi-può-versare-l'acqua?" Quando inizia a scandire le parole, sai di essere nei guai. Rassegnata, gli versi l'acqua nel bicchiere.
"Mi va a prendere degli altri fazzoletti?"
Tu vai in bagno e strappi qualche fazzoletto di carta dal dispenser sul muro, ma ormai cominciano a pruderti le mani, perché sai che potrebbe farlo benissimo da solo, se volesse. Potrebbe alzarsi e mettersi a fare le capriole, se è per questo. Così gli molli il pacco di fazzoletti sulle ginocchia, ti appiccichi un sorriso sulla faccia e fai per andartene, visto che ormai gli altri dottori hanno praticamente già finito il giro da soli.
"Infermiera, mi controlla l'ossigeno?"
Crock, scrocchiano le mani strette a pugno. "Non sono infermiera. E l'ossigeno va bene così com'è, abbiamo controllato prima."
"Mi sposta il sacchetto?"
A questo punto scatta l'istinto di sopravvivenza. Gli sorridi cordialmente e rispondi: "Quale sacchetto, scusi?"
"Quello" il Padrino te lo indica con gli occhi, il suo puzzolentissimo sacchetto nero dei fazzoletti.
"Non ho capito, quale?"
"Quel-lo!" al movimento degli occhi aggiunge un cenno del dito, mentre contemporaneamente ti guarda come se fossi una lumaca spiaccicata in un fosso.
Mantieni il sorriso. "Non capisco, quale sacchetto?"
"QUESTO!" paf! e ci schiaffa la mano sopra. Sorriso ancora più ampio. "Oh, bene, vedo che ci arriva anche da solo. Buona giornata!"


Padrino 0 - Bolla 1

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