giovedì 26 aprile 2012

La Cuoca

Oggi sono in lutto. Se n'è andata la Cuoca.
Non nel senso che è morta! Se n'è proprio andata, è tornata a casa sua sulle montagne, e di sicuro sta meglio lì che qua, ma ciò nonostante mi manca.
Andiamo con ordine.


La Cuoca è una signora di quasi un secolo, che è arrivata da noi perché si è arrotolata giù dalle scale. Per immaginarvela dovete pensare alla Signorina Spezzindue di Matilde... non l'avete mai letto? Male! Comunque, è un donnone largo due volte me, grassa ma pure grossa, con delle mani come padelle e il carattere docile e mansueto di un coccodrillo con un cobra attaccato alle palle. Ecco, ora vi siete fatti un'idea della Cuoca.
La chiamo così perché, fino a prima dell'incidente, la signora lavorava tranquillamente nella trattoria di famiglia, ed è stato proprio da quelle scale che è precipitata fino a spetasciarsi sul pavimento. Non s'è fatta niente di grave, si è un po' ammaccata un occhio e si è rotta un braccio, ma in definitiva poteva andarle peggio.


Comunque, per una donna di quell'età non dev'essere facile il passaggio dall'ambiente familiare ad un ospedale, come non è facile per nessuno. Se poi aggiungete che questa donna è abituata a comandare tutti gli altri a bacchetta dai tempi in cui Gandhi si succhiava ancora il pollice nella culla, avrete un'idea della tragicità della situazione.
Ecco, ora che vi ho dato tutti gli elementi per valutare la faccenda, provate a metterli assieme: una donna con le efebiche proporzioni di Cassius Clay, un carattere degno di Hitler con un dente cariato, un gesso al braccio.


Voi avete già capito. Io ci ho messo un po' di più. Lei invece ci è arrivata subito, al fatto che un gesso nelle mani di una donnina del genere può diventare letale come una graffetta nelle mani di MacGyver.
Tranquilli, alla terza volta in cui per poco non mi ha portato via un orecchio, ci sono arrivata anch'io.


Come se non bastasse, a tutto ciò si è aggiunto il figlio. Adesso dico una banalità per cui mi odierete, ma nella maggior parte dei casi (e grazie al cielo ci sono le eccezioni) è molto più difficile trattare coi parenti, che coi pazienti. Perché il paziente è lì, sta male ma vede benissimo che cosa succede, e sa che se suona il campanello e l'infermiera non arriva entro i primi 10 secondi, magari può aspettarne altri 10 prima di incazzarsi, specie se attorno a lui è appena esploso l'inferno.
Il parente no. Il parente, sicuramente in buona fede, vorrebbe che l'intero reparto girasse attorno al suo congiunto malato. Se fossero presenti giorno e notte un medico, due infermieri, un anestesista e un prete al capezzale del suo caro, probabilmente lo sentireste comunque mugugnare che il cibo non è buono, che il letto è troppo rigido e che le pillole hanno un colore strano. Del resto, le situazioni di stress non tirano mai fuori il meglio delle persone, e immagino poche situazioni stressanti come assistere un tuo parente in ospedale.


Comunque, il fatto è che, come vi ho detto, la signora in questione sta sfiorando il secolo. Il che, facendo due rapidi calcoli basati sull'aspetto fisico, colloca il suo caro figliolo in una fascia di età molto prossima ai 75 anni. Roba da rischiare che non lo facessero uscire dal reparto, alla fine dell'orario di visite.


Il tipico ritornello del figliol prodigo era sempre lo stesso. "Mia mamma è sempre a letto, possibile che non l'alziate mai? Ma che razza di reparto è questo?" E questo ci poneva in una situazione di imbarazzo: perché o sei piovuto adesso da Marte, oppure lo vedi benissimo che la cara vecchietta non permette a nessuno di avvicinarsi a rischio di fracassarti i denti con un uppercut. Delle due l'una.
Alla fine, la nostra dottoressa, straziata dai continui appostamenti del caro figliolo (che aveva sviluppato una tecnica tutta sua di tampinarci mentre facevamo il giro visite, un po' come quegli storici napoletani che di professione facevano gli iettatori), ha elaborato una via d'uscita. Ha preso da parte il giovanotto e gli ha spiegato che la signora comincia ad avere una certa età (che sembra una banalità, ma a guardarlo sorgeva il dubbio sulla sua consapevolezza della situazione) e che, una volta tornata a casa, avrebbe avuto bisogno di assistenza notte e giorno per controllare che non si ferisse di nuovo; per cui, sarebbe stato meglio che le cercasse una badante, e che magari la mandasse in ospedale in attesa del rientro a casa per cominciare a familiarizzare con la signora e, con l'assistenza del figlio, per renderla un po' più collaborativa.
Il figliolo ci ha pensato per un pochino, poi ha annuito e ci ha assicurato che si sarebbe messo in moto immediatamente.


Nessuno l'ha più visto per le due settimane successive.


A pensarci bene, non sono del tutto sicura che gli abbiamo fatto un favore, rimandandogli a casa la cara mamma. Però... ogni tanto mi figuro la scena di lei che strozza il figlio con la mano sana, tipo Homer Simpson con Bart, oppure che gli lancia dietro la padella quando lui cerca di farle fare un po' di movimento...
...e non so perché, mi torna il buonumore.

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